Yōkai e fantasmi nella cultura giapponese

Benvenuti al primo appuntamento di Pillole di Giappone! Halloween è alle porte, e l’argomento che tratteremo oggi si addice perfettamente a questa festa. Parleremo infatti di alcune figure presenti nel folklore giapponese, ovvero yōkai e yūrei!

Come già sapete, in questa rubrica analizzeremo alcuni aspetti della cultura giapponese attraverso i manga: per il tema di oggi partiremo da Natsume degli spiriti (夏目友人帳 Natsume yūjinchō, lett. “Il libro degli amici di Natsume”), opera di Yuki Midorikawa edita in Italia da Panini Comics.

Natsume degli spiriti, volume 1, edizione italiana a cura di Panini Comics/Planet Manga. © Yuki Midorikawa

TRAMA
Natsume, orfano sin da bambino, grazie ai poteri ereditati dalla nonna Reiko è in grado di vedere gli yōkai. A quindici anni riceve alcuni oggetti appartenuti alla nonna, tra i quali il “Libro degli Amici” (Yūjinchō), un blocco che contiene i nomi degli spiriti da lei sconfitti e resi suoi servitori. Natsume decide tuttavia di usare il blocco per restituire i nomi ai legittimi proprietari, assieme alla loro libertà. Inizia così una nuova avventura, tra spiriti amici che gli chiedono aiuto e spiriti vendicativi interessati ad impadronirsi del libro.

YŌKAI: BUONI O CATTIVI?
Ma cosa sono esattamente gli yokai? Si tratta di esseri sovrannaturali tipici del folklore giapponese, a metà tra l’horror e il comico. Il termine è composto da 妖 , “maleficio”, e 怪 kai, “manifestazione inquietante”, “misterioso”. Come capite anche dal manga, non sono né buoni né cattivi: il loro comportamento dipende spesso da come gli esseri umani si pongono nei loro confronti. Tuttavia, a causa della loro indole maliziosa, si divertono nel fare scherzi alle proprie vittime.
Esiste un’ampia varietà di yōkai nella mitologia giapponese, e vengono solitamente divisi in categorie: animali, umanoidi, oggetti, etc. Tra i più celebri compaiono sicuramente i kappa: piccoli come bambini, sono caratterizzati da mani e piedi palmati, una bocca a forma di becco e una cavità piena d’acqua sulla testa, la quale permette a queste creature di muoversi. Sono ghiotti di cetrioli e si trovano spesso vicino agli stagni. Sono estremamente cortesi, ma la loro cortesia è anche il loro punto debole. Se avvistate un kappa, provate a fare subito un profondo inchino; la sua indole lo porterà a ricambiare, ma così facendo l’acqua nella cavità si rovescerà e il kappa rimarrà bloccato in quella posizione finché qualcuno non verserà altra acqua.
Un altro yokai famoso è il tengu, spirito dello shintō, che abita le foreste e le montagne. I tengu sono esseri fieri ed indipendenti, che riconoscono solo l’autorità del loro capo. Anch’essi premiano chi li gratifica ma tormentano chi non mostra loro rispetto.

stampa ukiyo-e di Toriyama Sekien, raffigurante una ubume. Periodo Edo.

YŪREI, SPIRITI DALL’OLTRETOMBA
Con il termine yūrei (幽 , “evanescente”, “oscuro” e 霊 rei, “spirito”) viene invece indicata una categoria di fantasmi ben precisa. Gli yūrei sono infatti gli spiriti di chi ha subito una morte violenta o improvvisa, ai quali non sono stati effettuati i dovuti riti funebri o che possiedono ancora forti emozioni e legami che li trattengono nel nostro mondo. Possono infestare una persona, un luogo o un oggetto; il modo più semplice per esorcizzare uno yūrei è quello di soddisfare il suo desiderio, o in alternativa recitare dei particolari rituali.
Anche gli yūrei vengono divisi in categorie in base alle circostanze della loro morte e al motivo del loro ritorno nel nostro mondo. Ne è un esempio la ubume, figura poco conosciuta al di fuori del Giappone; si tratta dello spirito di una donna morta di parto o durante la gravidanza che tiene in braccio un neonato. È solita chiedere ai passanti di tenere il bambino, ma non fatevi ingannare: dopo avervi lasciato il piccolo, la donna scomparirà e il bambino diventerà sempre più pesante, fino a rivelare la sua vera forma di statua di Jizō, protettore dei bambini mai nati.
Presenti nel folklore giapponese da tempi ben più remoti, gli yūrei assumono popolarità soprattutto in periodo Edo, grazie anche alla diffusione delle stampe ukiyo-e delle quali sono spesso protagonisti. Sempre in periodo Edo è in voga un’attività chiamata Hyakumonogatari Kaidankai (百物語怪談会, “insieme di cento storie sovrannaturali”). Il gioco consiste nel riunirsi di notte in una stanza illuminata da cento candele, dove a turno i giocatori si raccontano storie di fantasmi. Alla fine di ogni storia viene spenta una candela, e giunti all’ultima si dice dovrebbe comparire uno spirito.

CULTURA DI MASSA
Presenti nelle opere letterarie e artistiche della tradizione, yōkai e yūrei hanno sicuramente influenzato anche la cultura popolare di massa. Dalla letteratura al cinema, fino ad arrivare ai videogiochi. Basta pensare al recente Yo-kai watch e ai famosissimi Pokémon: non trovate che il Pokémon di terza generazione Lombre sia estremamente simile ad un kappa?
Questo revival del folklore giapponese non sarebbe però stato possibile senza l’aiuto del mangaka Shigeru Mizuki, che ha contribuito al recupero degli yōkai nell’immaginario popolare giapponese. Perciò … arigatō, sensei!

Termina qui il nostro primo viaggio all’interno del folklore giapponese. Mi raccomando però, restate sintonizzati: dal prossimo mese inizieremo anche lo studio della lingua giapponese!
Continuate a seguirci!

A presto,
Lilolilosa


Fonti web:
https://www.animeclick.it/manga/10989/natsume-yuujinchou
https://www.nippop.it/it/media-and-arts/blog/jmagazine/media-arts/yurei-fantasmi-giapponesi

Fonti bibliografiche:
Jean Derome, Faccende di Paura, in Zoom Giappone, n°8, dicembre 2017-marzo 2018, pp. 4-5.
Maria Roberta Novielli, Animerama. Storia del cinema di animazione giapponese, Venezia, Marsilio Editori, 2015.
Gianni Simone, Cultura pop: impossibile evitarla, in Zoom Giappone, n°8, dicembre 2017-marzo 2018, pp. 6-7.