Buddhismo: tra sacralità e temporalità

Buon 2019 e ben tornati a Pillole di Giappone! Oggi riprendiamo il nostro viaggio nella cultura del Sol Levante soffermandoci sul buddhismo e sull’influenza che ha avuto nella cultura giapponese!Lo faremo prendendo in considerazione un manga molto particolare e ancora inedito in Italia: stiamo parlando di Land of the Lustrous (宝石の国 Houseki no Kuni) di Haruko Ichikawa.

TRAMA

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Land of the Lustrous volume 1, edizione statunitense a cura di Kodansha Comics. © Haruko Ichikawa

In un futuro lontano, in cui l’intera umanità è ormai estinta, esiste un’isola sperduta nell’Oceano abitata da Gemme dalle fattezze umane e dal loro maestro e guida, Kongō. La loro tranquilla – e monotona – esistenza è costantemente attaccata dai Seleniti, misteriosi esseri provenienti dalla Luna che vogliono impossessarsi delle Gemme per crearne gioielli.
Ogni Gemma svolge diligentemente il compito che le è stato assegnato, in base alle proprie capacità e alla propria “durezza” relativa alla scala di Mohs. Non si può dire lo stesso di Phosphophyllite, o Phos per gli amici; svogliato e ingenuo, considerato inutile dai suoi stessi compagni a causa della sua estrema fragilità, avrà il compito di redarre un’enciclopedia naturalistica, grazie alla quale conoscerà nuove Gemme ma si troverà coinvolto in prima persona nella grande guerra contro i Seleniti.

UNA NUOVA SPIRITUALITÀ
Il Buddhismo, nato in India nel 500 a.C, giunse in Giappone nel VI secolo circa, passando prima per Corea e Cina. La classe dirigente del tempo fu entusiasta di questa nuova spiritualità, tant’è che il più grande sostenitore del buddhismo fu l’Imperatore Shotoku Taishi, il quale ne favorì la diffusione dei precetti, anche grazie alla costruzione di templi da lui stesso commissionati. Durante il periodo Nara (710-794), grazie ad alcuni ambasciatori giapponesi di ritorno dalla Cina che portarono con sé testi accademici sul Buddhismo, si potè approfondire lo studio di questa filosofia nei templi della capitale. Una diretta conseguenza fu la classificazione e divisione del buddhismo in sei diverse sette, o scuole, a seconda dell’interpretazione dei principi fondanti che ognuna diede. Ai giorni nostri sono presenti ben 59 scuole affiliate con la Japan Buddhist Federation (全日本仏教会 zen Nihon Bukkyō-kai) e molte altre non ancora ufficiali.
Nonostante questa divisione, per tutte le scuole di pensiero il fine ultimo è l’illuminazione attraverso la quale si può raggiungere il Nirvana, ovverosia l’unione con il Tutto. Questo stato può essere ottenuto principalmente tramite la meditazione e la preghiera, che cambiano a seconda della scuola di riferimento. Buddha e i Bodhisattva sono le figure principalmente riverite dalle varie dottrine; se i vari Buddha storici rappresentano il raggiungimento del Nirvana, e si posizionano quindi al di là della portata dell’uomo, i Bodhisattva sono invece esseri che pur avendo raggiunto l’illuminazione hanno rinunciato al Nirvana per poter restare sulla terra in aiuto dei fedeli.
Non bisogna però farsi trarre in inganno dalla percezione occidentale del buddhismo: questa religione è dai più considerata come “portatrice di pace ed armonia”, ma non è tutto oro quello che luccica. Sono esistite infatti nella storia del Buddhismo delle sette che ricorsero a rituali non propriamente etici per il raggiungimento del Nirvana; è il caso della Scuola Tachikawa e del suo celebre Rituale del Teschio, in cui veri teschi e altre parti del corpo venivano utilizzati come strumenti di preghiera. Non stupisce se la scuola Tachikawa veniva considerata eretica già allora dalle altre scuole buddhiste.

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Il Todaiji di Nara, tempio di riferimento per le scuole Kegon e Ritsu

MA QUANTO SONO BUDDHISTI I GIAPPONESI?
Secondo recenti studi, i Giapponesi stanno via via perdendo interesse verso il buddhismo e più in generale verso le religioni. Inoltre, il concetto giapponese di spiritualità è leggermente diverso da quello occidentale e vissuto con più autonomia e libertà. Secondo una stima del 2017 circa l’80% dei giapponesi aderisce allo shinto (la religione autoctona), mentre il 66,8% della popolazione al buddhismo; questo vuol dire che molti giapponesi seguono sia i precetti buddhisti che quelli shintoisti. Entrambi i movimenti, infatti, vengono dai più considerati non tanto come religioni a sé stanti, ma più come aspetti culturali direttamente collegati alla vita laica. Sono molti anche i giapponesi che non aderiscono ufficialmente a nessuna di queste religioni, ma svolgono comunque alcuni riti in determinate situazioni, ad esempio, per la preghiera di fine anno al tempio. Anche per questo motivo, allo scopo di avvicinare più persone (soprattutto giovani) alla religione, organizzazioni shintoiste e buddhiste hanno iniziato ad aggiornarsi tramite la creazione online non solo di siti d’informazione, ma di veri e propri templi e santuari virtuali dove poter pregare e fare offerte.

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Il maestro Kongō in meditazione. © Haruko Ichikawa

INFLUENZE NEI MEDIA
La forte connessione culturale con il buddhismo ha dato vita in Giappone a numerose opere laiche in cui compaiono evidenti riferimenti a questa filosofia di vita. È il caso del sopra citato Land of the Lustrous; il maestro Kongō è chiaramente ispirato alla figura di un monaco buddhista, mentre i Seleniti assumono le sembianze di Bodhisattva. Altri elementi buddhisti sono invece presenti nella trama per ammissione della stessa autrice che, in un’intervista, afferma di aver avuto l’ispirazione per il manga “dopo essersi iscritta senza saperlo in una scuola superiore di stampo buddhista” (Fonte).
O ancora, basti pensare al film La storia della principessa splendente (かぐや姫の物語 Kaguya-hime no monogatari) di Isao Takahata, tratto da un racconto popolare giapponese del X secolo intitolato Storia di un tagliabambù (竹取物語 taketori monogatari), dove la protagonista stessa appare come un bodhisattva in aiuto di una coppia di anziani. L’immaginario buddhista, dunque, è stato e continua ad essere fonte di ispirazione per artisti e scrittori.

Si conclude qui il nostro viaggio all’interno del vasto e complicato mondo del buddhismo giapponese, ricco di varianti così distanti l’una dall’altra ma in fine tutte accumunate da un medesimo scopo.
Nel prossimo articolo torneremo a parlare di lingua con la terza e ultima parte della nostra introduzione, questa volta dedicata alla grammatica!

A presto,
Lilolilosa


Fonti web:
http://afternoon.moae.jp/lineup/235
https://www.tofugu.com/japan/japanese-buddhism/
https://www.statista.com/statistics/237609/religions-in-japan/

Fonti bibliografiche:
James H. Sanford, The Abominable Tachikawa Skull Ritual, in Monumenta Nipponica, vol. 46, n.1, primavera 1991, pp. 1-20.
Erica Baffelli, Ian Reader, Birgit Staemmler, Japanese Religions on the Internet. Innovation, Representation and Authority, Routledge, 2011.

Approfondimenti:
Massimo Raveri, Il pensiero giapponese classico, Torino, Einaudi, 2014.
Taiko Yamasaki, Shingon: il buddhismo esoterico giapponese, Roma, Ubaldini Editore, 2015.