Bentornati sotto ai ciliegi del parco di Yoyogi! Oggi parleremo di un anime molto particolare nel modo di esprimersi, carico della teatralità degna delle storie di fantasmi che racconta e tinto dei colori di stampe di un mondo da noi lontano. Buttiamoci al 3! 1, 2, 3… いきましょう!
Avete mai sentito parlare di Mononoke? È un anime andato in onda nel 2007 di produzione della Toei Animation, derivante da una storia dell’antologia Ayakashi: Samurai Horror Tales (conosciuto in Giappone come: Ayakashi: Japanese Classic Horror, o 怪 〜ayakashi〜 Japanese Classic Horror). La serie è composta da una sola stagione, di 12 episodi, che raccontano le avventure del “Venditore di Medicine”, in viaggio per il Giappone dei mononoke 物の怪 (termine serializzato nel titolo dell’anime come モノノ怪), spiriti capaci di impossessarsi degli esseri umani.
LA TRAMA (in poche parole per evitare spoiler)
L’anime si compone di cinque storie differenti: Zashiki-warashi 座敷童 (lett. “il bambino nella stanza tatami”), Umibōzu 海坊主 (lett.“il monaco di mare”), Noppera-bō のっぺらぼう, (lett. “senza faccia”), Nue 鵺 (una chimera giapponese formata dalla testa di scimmia, corpo di tanuki, arti di tigre e coda di serpente) e Bakeneko 化猫 (lett. “gatto mostruoso”).
Vorrei entrare nel dettaglio della trama, ma mi asterrò, dato che ritengo che il modo migliore per goderselo appieno essere guardarlo senza sapere nulla a riguardo! (L’anime è disponibile sul sito di streaming VVVID, a cura di Dynit)
Posso però dirvi che senza dubbio è un anime particolare, dominato da un forte gusto tradizionale e cristallizzato nelle tematiche, nei ritmi e nell’estetica in una bolla così diversa dal nostro modo di vivere le cose da risultare al di fuori del tempo e dello spazio.
L’ESTETICA EDO
Ed è proprio in questo piccolo mondo fluttuante che vorrei ci tuffassimo oggi. La svolta estetica dalla serie originale è forte, e si dirige verso una direzione particolare: quella delle stampe ukiyo-e 浮世絵 e del mondo dello spettacolo Edo, come ad esempio le rappresentazioni kabuki 歌舞伎.
I personaggi si muovono, con una grazia ed un patos degni di un palco, spesso a ritmo di musica (abbiamo parlato negli scorsi articoli dell’uso della musica nelle arti performative). Le scene si svolgono su graziosi sfondi dai colori delicati che contrastano con i forti colori della natura, degli abiti indossati dai personaggi e delle strutture artificiali.
Tutti i disegni sono decorati da una texture simile a quelle dei fogli di carta, trasformando la scena in quello che sembrerebbe un teatrino rappresentato in una stampa ukiyo-e. Gli antagonisti delle storie, o a seconda del punto di vista che si assume, i protagonisti, sono tutti yōkai, creature immaginarie, fatte di fumo e dei (ri)sentimenti dei personaggi di cui decidono di impossessarsi.
Questa estetica effimera, posata e sofisticata, che nel tempo è diventata iconica del Giappone Tokugawa, è nata e si è sedimentata grazie al potere sociale della classe mercantile (di cui anche il venditore di medicine fa casualmente parte!) e dei samurai, che si sono imposti con il proprio gusto estetico. Lo stile è piuttosto difficile da afferrare concettualmente, ma proveremo a metterlo a parole. La filosofia viene normalmente definita iki (いき, talvolta scritto anche 粹), e nella definizione che intendiamo al giorno d’oggi è solito definire lo stile di vita agiato di una popolazione che conoscere il benessere e che sa come passare il tempo divertendosi, ma senza eccedere scadendo nel vizio; e tende ad includere diverse filosofie (non sedimentatesi nel tempo ma localizzate in uno specifico arco temporale, sociale e geografico) simili in quanto a mentalità.
UN MELTING POT DI FILOSOFIE?
Tra queste, sono le più importanti sui 粹 (stesso kanji di ‘iki’ ma letto nella maniera sino-giapponese, preferita nel Kamigata (zona di Kyōto e Ōsaka)), che secondo alcuni equivale al modo di vivere affine a quello della zona di Edo ma relativo agli abitanti del Kamigata, e tsū 通, un modo di vivere acculturato, ma non necessariamente considerato “di classe”.
Le caratteristiche di questa corrente sono in qualche modo simili al concetto di wabi-sabi 侘寂, concetti del periodo Heian (794-1185) che rappresentano l’amore per la natura, la calma dei sensi che deriva da essa e la sua caducità, collegandosi al pensiero buddhista. Iki è però un concetto formatosi nella nuova capitale, ed è moderno, e parla del popolo invece che dei monaci zen. Il termine compare per la prima volta nella scrittura Ukiyo-zōshi 浮世草子 (“letteratura del mondo fluttuante”), che raccontava delle storie d’amore di cortigiane e giovani innamorati.
Difficile da afferrare quanto il suo “predecessore” spirituale del periodo Heian, lo stile e la filosofia iki accompagnano molte rappresentazioni del periodo in cui è nato. Kuki Shūzō, accademico del periodo Edo, è famoso per aver provato a mettere a parole questo modo di afferrare la vita in un saggio (in italiano La struttura dell’iki, pubblicato da Adelphi). Per lui, l’iki è diviso in tre parti: “seduzione” (attribuito ad una geisha), “energia spirituale” (attribuito ad un samurai), “rinuncia” (attribuito ad un monaco); che pensandoci, sono tutte figure tipiche della scena nello scenario di Edo.
Siamo giunti alla fine del viaggio di oggi! Spero che abbiate apprezzato i temi trattati oggi, dato che anche il prossimo articolo sarà simile a questo saggio, parlando però di Kanashimi no Belladonna, un film molto intrigante per la sua storia e sperimentalità!
じゃあね! Alla prossima!
– Mari ?
Fonti web:
https://yattatachi.com/tbt-mononoke
https://www.aisf.or.jp/~jaanus/deta/i/iki.htm
https://nomurakakejiku.com/lesson_lineup/iki
Fonti immagini:
https://static.fandomspot.com/images/07/7982/16-mononoke-anime.jpg
https://www.artelino.com/auctionimages/items/55956g1.jpghttps://i.pinimg.com/originals/2d/a6/40/2da6409bf842e28ec3c17d5628d2647f.jpg
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