Una ribellione a base di autoabbronzante

Bentornati sotto i ciliegi! Oggi riprendiamo il discorso dell’ultimo articolo, parlando di altri modi nella quale le studentesse giapponesi sono riuscite a portare la cultura ribelle ‘kawaii’ al massimo della sua popolarità. Cosa stiamo aspettando? いきましょう!

LA LOTTA CONTINUA

Gli anni ’70 furono un periodo particolare per i giovani ribelli giapponesi, che decisero di approfittare della rottura dai vecchi canoni per stravolgere i canoni estetici.

Nello stesso periodo in cui la scrittura arrotondata stava prendendo piede, alcune giovani (soprattutto di sesso femminile) iniziarono a rompere anche il dress code, generando così la sottocultura delle gyaru ギャル (talvolta anche chiamata con il termine inglese gal, da “girl”).

Tra i primi esempi in questo campo di ribellione, ci sono quelle che talvolta vengono definite dai media kogyaru コギャル (termine derivante da koukousei girl 高校生ギャル, “ragazza che studia alle superiori”), giovani studentesse che andavano contro la morale scolastica. Tra le modifiche più comuni, la gonna alzata in vita per farla sembrare più corta, capelli tinti e gonfiati/allungati con delle extensions e l’uso di accessori che decorano il seifuku, come gli iconici scaldamuscoli oversized al posto dei calzini e spillette colorate, peluches e fiocchetti che adornano la divisa ed il proprio zaino.

Negli anni, la cultura iniziò ad attecchire nello scenario delle strade giapponesi, ed iniziò a creare numerose sottoculture divise non solo in base al tipo di ribellione in atto, ma anche alla “gravità” con la quale queste regole venivano infrante. La moda gyaru era accessibile per ogni tipo di gusto, dalla studentessa vanitosa e di buona famiglia che voleva presentarsi a scuola con qualcosa di diverso dalla noiosa divisa (spesso portando con sé accessori di buona fattura, ad esempio zainetti Burberry) a chiunque volesse esprimere la propria non conformità al sistema sociale tramite la moda, ed ogni livello intermedio tra i due estremi.

GLI ANNI D’ORO

in questa foto è possibile vedere una ganguro (sulla sinistra) ed una gyaru un po’ più “annacquata” sulla stessa scala mobile!

Nonostante le cattive voci che girano attorno a queste “ragazzacce”, spesso associate alla prostituzione giovanile dato il loro modo più o meno licenzioso di vivere, in modo non conforme alle norme, la comunità è generalmente aperta e disponibile nei confronti dei membri più giovani che cercano l’aiuto dei propri senpai (il che è un tratto generale dei membri di sottoculture considerate “di nicchia” rispetto alla moda mainstream giapponese).
Esiste inoltre un grande numero di pubblicazioni destinate al gruppo gyaru, come ad esempio egg (fondato nel 1995) e Popteen ポップティーン (fondato nel 1980), che spesso includono anche tutorial di makeup e consigli per sistemare i capelli ed alcuni capi particolari come dettato dalle regole (non scritte) della moda.

Tra le sottocategorie più rilevanti, credo sia importante dirvi che esiste una sottobranca dello stile dedicata all’abbigliamento maschile detta gyaruo ギャルオ (molto meno popolare della sua controparte femminile), ed è quasi obbligatorio menzionare le ganguro ガングロ, la categoria che include l’abbronzatura finta più scura, il trucco più esagerato e i capelli più colorati e cotonati, spesso menzionate in Occidente come una delle cose più particolari del Giappone.

Questi gruppi di persone, molto attive soprattutto negli anni ’90, furono tra le prime ad abbracciare la cultura ribelle kawaii, grazie ai loro abiti pieni di fronzoli, mascotte popolari appese al cellulare (erano i tempi dei flip flops…) e frequenti gite alle cabine purikura, in cui facevano foto divertendosi in piena libertà, lontane dagli occhi indiscreti del resto della società.

LA FINE DELLA CULTURA GYARU

Anche se brand di abiti gyaru come MA*RS e Liz Lisa (notare che era più dedito alla scena himekaji 姫カジ , uno stile relativamente lontano dall’immagine collettiva della gyaru come ribelle che abbina colori e fantasie forti), ancora esistano e continuino a produrre nuovi capi ogni anno, è molto raro al giorno d’oggi vedere persone che ancora indossano coordinati “vecchio stile”.

Semplicemente, la scena della moda in senso generale è cambiata troppo profondamente perché questo stile, oggi considerabile quasi retrò, possa reggersi ancora in piedi. La moda gyaru è da considerarsi, nel mare degli eventi dello scorso secolo, una piccola capsula incastonata in un preciso contesto storico e sociale, creatosi anche grazie e alla rivoluzione portata avanti dagli studenti delle superiori più coraggiosi. Ed è anche grazie a loro, che noi oggi siamo capaci di goderci la parte più “anestetizzata” della cultura kawaii, quella finalmente, e lo dico col cuore in mano, vacua e fine a sé stessa.

 

Grazie mille per avermi accompagnata in questo viaggio nel passato! Sono una grande fan della scena di street fashion giapponese, e negli anni ho raccolto molte informazioni sulle varie sottoculture e sulla loro storia più passata. Dato che ai tempi trovai molto difficile riuscire a reperire informazioni datate pre-2010 su questi argomenti, ho pensato di condividere il possibile, nel caso questo insight sul passato vi interessasse!

Anche nel prossimo articolo parleremo di un fenomeno caro ai giovani giapponesi! Avendo parlato della ribellione gyaru, penso che il modo migliore per seguire sia solo parlare delle purikura. Preparatevi per una scarpinata fino ad Harajuku!

じゃあね! Alla prossima!
– Mari ?


Fonti immagini: 

https://www.flickr.com/photos/alliages/29553292476/in/photolist-M2wmes

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/fd/Loosesocks-sobuline2011.jpg

https://flickr.com/photos/adc/215405524/in/album-72157594400493912/

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/6/66/Gyaru_-_misc_historical_images_-_2007_7_1.jpg/953px-Gyaru_-_misc_historical_images_-_2007_7_1.jpg